Monday, July 31, 2006

Marini ed il governo che non governa

“Il paese – ha detto il presidente del Senato Franco Marini – non ha bisogno di elezioni. Ha bisogno di essere governato”. La frase non è stata pronunciata all’indomani delle ultime elezioni politiche. Quando non avrebbe assunto nessun altro significato oltre quello della constatazione della lunga campagna elettorale e dell’auspicio di un buon inizio dell’azione di governo della nuova maggioranza. E’ stata pronunciata, invece, ieri. Subito dopo che il governo aveva ottento a Palazzo Madama la fiducia sulla missione militare in Afghanistan. E suona non tanto come una critica a Silvio Berlusconi che poco prima aveva invocato nuove elezioni. [leggi per intero]

Friday, July 28, 2006

Gli effetti devastanti del conformismo

Ciò che più ha colpito del vertice di Roma sulla crisi in Medio Oriente non è l’assenza di un qualsiasi risultato tangibile. Che era ampiamente previsto e che nessuno avrebbe potuto onestamente pretendere vista l’estrema difficoltà e le immense complicazioni della situazione della regione. Ciò che è invece emerso con forza e che riguarda direttamente il nostro paese, è l’incredibile fabbrica del consenso al governo in carica messa frettolosamente ma massicciamente in piedi dalla stragrande maggioranza della stampa italiana. Romano Prodi ha pronunciato una serie di banalità buoniste che non hanno cambiato di una virgola le posizioni delle delegazioni sedute al tavolo. Eppure è stato salutato dalla stampa nazionale come una sorta di salvatore della pace. [leggi per intero]

Thursday, July 27, 2006

I riformisti e la tisi politica del governo

E’ sempre più corta la coperta del governo di Romano Prodi. Se viene usata per coprire l’indulto lascia scoperta la parte dell’Italia dei Valori e dei giustizialisti dei Ds. Se viene utilizzata per la politica estera non riesce a coprire la sinistra antagonista. E via di seguito. Non c’è questione sul tappeto su cui la coperta governativa riesca a rappresentare una copertura completa ed efficace dell’intera maggioranza. Per risolvere la questione il Presidente del Consiglio ed il suo più solido alleato all’interno della coalizione, Fausto Bertinotti, hanno deciso di puntare sulla formula dell’autosufficienza. Di qui il voti di fiducia a raffica. [leggi per intero]

Wednesday, July 26, 2006

La strada obbligata di Prodi

Non ci potevano essere dubbi sull’eventualità che Romano Prodi potesse decidere, come ha fatto, di porre la questione di fiducia al Senato sulla missione militare in Afghanistan. La questione, infatti, non è più tecnica. Non riguarda quale delle due strade, la fiducia o il semplice voto parlamentare, consenta al governo di superare più facilmente lo scoglio della prosecuzione dell’impegno a Kabul? E’ diventata politica. E tocca la natura dell’asse politico della maggioranza e la possibilità di sopravvivenza del governo di centro sinistra. [leggi per intero]

Tuesday, July 25, 2006

Una domanda alla lobby di via Solferino

Sarà il “generale agosto”a salvare il governo di Romano Prodi. I pacifisti senza se e senza ma si guarderanno bene dall’aprire una crisi di governo alla fine di luglio. Anche per la sinistra antagonista le vacanze sono sacre! E, fiducia o non fiducia, i dissidenti metteranno da parte le loro perentorie richieste di discontinuità sulla missione in Afghanistan e prepareranno in tutta fretta la fuga verso i mari ed i monti. La previsione farà contento il Presidente del Consiglio. Ma suscita grande preoccupazione in chiunque abbia un minimo di senso di responsabilità. Quanto potrà ancora andare avanti un governo che dopo tre mesi dalle elezioni si trova già in debito di ossigeno e deve aggrapparsi all’estate per non cadere rovinosamente? [leggi per intero]

La bocciatura rimandata ad ottobre

Si allarga il fronte dei dissidenti della sinistra estrema al Senato sull’Afghanistan. E Romano Prodi ostenta sicurezza. E ribadisce che non ha alcuna intenzione di procedere ad un qualsiasi allargamento della maggioranza. Punta sull’autosufficienza del proprio schieramento. E minaccia il ricorso alle elezioni in caso di sconfitta a Palazzo Madama. Nella posizione del Presidente del Consiglio c’è una evidente contraddizione in termini. Chi si dice certo che il governo supererà tranquillamente l’ostacolo del voto sull’Afghanistan, non può ragionevolmente ipotizzare la fine della legislatura a tre mesi dal suo inizio in caso di sconfitta parlamentare. C’è una sproporzione stridente tra le due affermazioni. E, quindi, o Prodi non è affatto tranquillo. [leggi per intero]

Fischer, D’Alema e l’Afghanistan

Massimo D’Alema si arrocca nell’arroganza in due casi. Quando è convinto di essere inattaccabile e quando, al contrario, si sente debole. Ciò che lo caratterizza in questi giorni è l’arroganza da debolezza. Il presidente dei Ds non è uno sprovveduto. Si rende perfettamente conto che la sua linea di politica estera , imposta dai particolari equilibri politici che caratterizzano il governo di Romano Prodi, fa acqua da tutte le parti. E reagisce da par suo. Cioè scaricando disprezzo su chi lo contraddice per nascondere l’imbarazzo di dover sostere una posizione assolutamente indifendibile. La sua tesi è che chi contesta la cosiddetta “equivicinanza” non capisce come questa sia la posizione dell’intera Europa. [leggi per intero]

D’Alema e il discorso dell’ombelico

La tragedia della classe politica italiana è quella di guardare solo al proprio ombelico. E’ una pessima abitudine che è iniziata per reazioni all’indomani del fascismo, colpevole di aver guardato fin troppo verso gli orizzonti della politica estera. E che si è progressivamente rafforzata negli anni della guerra fredda, quando il maggior partito della maggioranza ed il partito dominante dell’oppposizione, cioè la Dc ed il Pci, si preoccupavano esclusivamente delle questioni domestiche visto che i problemi mondiali erano di stretta spettanza dei rispettivi paesi di riferimento. Oggi la tradizione si perpetua. [leggi per intero]

Tre ipotesi per uscire dal culo di sacco

La maggioranza non regge . E’ destinata a perdere pezzi sulla politica estera. Ma non solo. Come dimostrano le tensioni sociali provocate dal primo mese di lavoro del nuovo esecutivo, rischia di saltare in autunno di fronte al primo ostacolo della legge finanziaria. Gli esponenti politici più responsabili si pongono il problema di come uscire da questo culo di sacco che condanna il paese alla paralisi ed alla rovina. Ma, al momento, le ipotesi di fuga elaborate sono solo tre. E tutte di difficilissima realizzazione. La prima, quella dell’allargamento della maggioranza da realizzare mediante una operazione trasformistica, fa capo allo stesso Romano Prodi. [leggi per intero]

Israele spacca il centro-sinistra

Il problema di Romano Prodi non è l’Afghanistan. E’ Israele. E sarebbe bene che il Presidente del Consiglio si affrettasse ad affrontarlo evitando iniziative ridicole come quella di chiedere un intervento di mediazione nel conflitto tra lo stato ebraico ed il Libano al regime iraniano che ha acceso il fuoco e lo alimenta a più non posso. Il problema di Prodi non è quello di trovare un punto di compromesso sulla politica nel Medio Oriente all’interno di una coalizione divisa tra filo-israeliani e filo-palestinesi. Se così fosse la questione sarebbe automaticamente risolta. [leggi per intero]

Israele e la credibilità dei radicali

Adesso Marco Pannella avrà finalmente capito la ragione dell’indifferenza con cui gli israeliani hanno sempre accolto la sua proposta di inserire Israele nell’Unione Europea. I dirigenti politici dello stato ebraico, di qualunque partito siano, non si fidano del vecchio Continente. Considerano realisticamente la Ue una semplice entità economica priva di qualsiasi identità, ruolo e peso politico. E non affiderebbero mai la loro vita, quella dei propri figli e la stessa sorte dello stato con la stella di David ad una classe politica europea che per il petrolio arabo baratterebbe anche la madre. E’ fondata questa diffidenza israeliana? [leggi per intero]

Israele e la credibilità dei radicali

Adesso Marco Pannella avrà finalmente capito la ragione dell’indifferenza con cui gli israeliani hanno sempre accolto la sua proposta di inserire Israele nell’Unione Europea. I dirigenti politici dello stato ebraico, di qualunque partito siano, non si fidano del vecchio Continente. Considerano realisticamente la Ue una semplice entità economica priva di qualsiasi identità, ruolo e peso politico. E non affiderebbero mai la loro vita, quella dei propri figli e la stessa sorte dello stato con la stella di David ad una classe politica europea che per il petrolio arabo baratterebbe anche la madre. E’ fondata questa diffidenza israeliana? [leggi per intero]

Il prezzo salato del potere

La linea scelta dal centro sinistra sull’Afghanistan è semplice. Ognuno rimane delle sue idee ma al momento del voto la maggioranza si ricompatta. Non per riavvicinamento di posizioni ma per non far cadere il governo. Silvio Berlusconi dice che per i partiti dell’Unione il collante del potere è più forte di qualsiasi divergenza. Sia sulla politica che sull’economia e sulla politica interna. Il ché è giusto ma non cambia la sostanza delle cose. Il governo, dunque, è destinato a rimanere in piedi. Ma sia chi si duole di questa circostanza (come il Cavaliere), sia chi ne trae motivo di soddisfazione (come Romano Prodi e tutti i dirigenti del centro sinistra) non tengono conto che il prezzo pagato per la conservazione del potere è particolarmente salato. [leggi per intero]

No all’amnistia che avalla i giustizialisti

Chi invoca l’amnistia per “Calciopoli” parte dalla considerazione che il processo celebrato di fronte alla Caf si concluderà con una serie di condanne severe ed esemplari, dirette non tanto a colpire i colpevoli quanto a purificare il mondo corrotto del gioco del calcio. La richiesta dell’atto di clemenza, quindi, nasce dalla convinzione che il processo si è svolto secondo un rito sommario inaccettabile, che è diretto verso una conclusione preordinata e che per correggere simili storture non esista altra strada che quella dell’amnistia. Questa impostazione è profondamente errata. [leggi per intero]

Una speranza chiamata Cossiga

Francesco Cossiga ama usare i paradossi per affermare le verità politicamente scorrette. Chiede il ritiro dei soldati dall’Iraq e dall’Afghanistan per denunciare la paura dei governi italiani di garantire ai militari il diritto di difendersi con le armi dagli attacchi dei terroristi. Sollecita il direttore del Sismi Niccolò Pollari a dare immediatamente le dimissioni per smascherare i magistrati girotondini che pretendono di piegare alle proprie convinzioni ideologiche la lotta al terrorismo internazionale. E non esita a chiedere l’abolizione dei servizi segreti per denunciare che nel nostro Paese magistratura politicizzata e giornalisti democratici sono impegnati a condizionare la politica estera del governo trasformando l’Italia nella retrovia logistica dei “resistenti” anti-occidentali.
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Gli ipocriti sul carro dei vincitori

Ipocriti! Quelli che prima dell’inizio del campionato mondiale di calcio chiedevano la cacciata immediata di Marcello Lippi e la sostituzione di tutti i giocatori della Nazionale implicati in qualche modo ed a qualsiasi titolo nello scandalo del calcio. Gli stessi che oggi, a campionato legittimamente vinto da Lippi e dalla sua ciurma di tenaci pirati, hanno elaborato la bizzarra e schizofrenica tesi della “Nazionale pulita” in contrapposizione al calcio sporco e al Paese moralmente inadeguato. [leggi per intero]

Se la politica estera la decidono i magistrati

Il problema non è la riforma dei servizi di sicurezza. Che è il pretesto del centro sinistra per fare piazza pulita dei dirigenti scelti a suo tempo dal centro destra e piazzare i propri uomini ai vertici degli apparati di sicurezza. Il problema è di diversa e più ampia portata della solita e scontata lottizzazione che segue un qualsiasi cambio di maggioranza al governo del Paese. Il problema, su cui il governo deve ben riflettere, riguarda chi decide la politica estera del Paese. E’ la coalizione governativa oppure i magistrati della procura di Milano (o di qualsiasi altra procura) convinti che il cambio di clima politico consenta loro di compiere forzature che in tempi precedenti non avrebbero realizzato? [leggi per intero]

Friday, July 07, 2006

Il ritorno allo stato corporativo

Questa poi! Tutto ci si poteva attendere tranne che il “Corriere della Sera”, giornale laico, democratico e antifascista da tempo immemorabile, si facesse araldo del corporativismo. Non inteso come difesa di categorie chiuse e privilegiate, ma come quel sistema inventato dal regime fascista negli anni ’20 e presentato come “terza via” tra capitalismo in crisi e comunismo inefficace. E non basta. Tutto ci si poneva attendere tranne che a teorizzare il nuovo sistema corporativo sulle colonne del quotidiano di Paolo Mieli fosse quel Pietro Iachino che ha grande esperienza e conoscenza di questioni di lavoro e non ha mai mostrato di nutrire tardive simpatie bottaiane. [leggi per intero]

Thursday, July 06, 2006

Prodi giustizialista ridicolo

Alla vigilia di Italia-Germania il presidente del Consiglio Romano Prodi ha scritto una lettera al Cancelliere tedesco Angela Merkel per comunicarle che l’Italia guarda alla Germania come punto di riferimento per la sua politica estera e che il “calcio italiano va profondissimamente riformato”, anche nei suoi aspetti “delittuosi” emersi nel processo su Calciopoli. Sulla scelta di Prodi di guardare alla Germania per segnare la linea della politica estera dell’Italia, nulla da dire. E’ da sempre che il “professore” è al servizio degli interessi dell’asse franco-tedesco. [leggi per intero]

Wednesday, July 05, 2006

Il governo e la fabbrica dei mostri

Un conto è liberalizzare, un conto è criminalizzare. In cinque anni di governo il centro destra non ha liberalizzato un bel nulla. Ed è per questo che ha, giustamente, perso le elezioni. Aveva promesso la rivoluzione liberale ed ha assicurato il continuismo post-democristiano. In due mesi di governo il centro sinistra ha lanciato un segnale in favore delle liberalizzazioni. Ma lo ha fatto nell’unico modo in cui è capace di portare avanti un progetto del genere. Cioè criminalizzando le categorie oggetto dei provvedimenti in questione. Basta leggere le dichiarazioni dei più autorevoli rappresentanti del governo e seguire le cronache dei grandi giornali fiancheggiatori. [leggi per intero]

Tuesday, July 04, 2006

Libertà e liberalizzazioni autoritarie

Ma un liberale può essere contrario alle liberalizzazioni? La Cdl si macera su questo interrogativo di fronte al decreto con cui il governo di Romano Prodi conta di incominciare a colpire e smantellare le tante corporazioni del Paese. Ma si tratta di un interrogativo fasullo. Per la semplice ragione che un liberale non può non essere favorevole alle liberalizzazioni. A condizione che le misure tese a liberalizzare il mercato e a rimuovere le incrostazioni corporative siano effettivamente liberali. Ma come si misura il grado o tasso di liberalismo di un provvedimento? [leggi per intero]