Wednesday, March 07, 2007

L’incubo di D’Alema

“Me ne vado, me ne vado, me ne vado : non ci rimango qui a farmi cucinare dal prevosto di Palazzo Chigi, dal subcomandante di Montecitorio e da quella banda di sfessati che dopo aver vinto il terno a lotto del governo lo stanno sprecando tra marce e cazzate varie. Me ne vado in giro per il mondo e sto lontano dall’Italia”. Che ti viene in testa dopo aver ascoltato questo sfogo di Massimo D’Alema? Che il ministro degli Esteri si è scocciato di avere a che fare con pizza e fichi, che vuole volare alto, che da adesso in poi lascerà il de minimis nazionale a quello “spompato” di Fassino e che sfrutterà la sua carica di responsabile della Farnesina per trattare solo con stranieri del suo livello: Condy, Blair, Zapatero, Ségolène, Chàvez, Ahmadinejad e, se proprio non se ne può fare a meno, Olmert e Siniora. Gli puoi dare torto? Niente affatto. Ha ragione da vendere. E riconosci che D’Alema è il classico monocolo nella terra dei ciechi di sinistra. Che i Ds non lo meritano e neppure il Partito Democratico. Che magari ne avessimo uno così pure noi. E che per questa sua fregola di andarsene sdegnato all’estero può essere tranquillamente considerato come l’ultima espressione della nobile tradizione che inizia con Scipione e con il suo “ingrata patria, non avrai le mie ossa”. A quel punto leggi le agenzie. E rimani perplesso. Perché il presidente del Pse Poul Rasmussen, evidentemente a causa di certi cavoletti di Bruxelles ingurgitati di sera inseme a qualche robusta salsiccia alsaziana, ha avuto un incubo notturno. E tra mille tormenti ha sognato che non avrebbe più incontrato D’Alema nei vertici europei. Insomma, un incubo frutto sicuro di sindrome d’abbandono con possibile complicazione da attrazione omosessuale. Di qui l’appello: “Massimo ripensaci, restatene a casa. Fuori volano bassi. Tu pensi di pizzicare il culo a Condy e ti ritrovi con Rasmussen alle spalle”!