Friday, March 02, 2007

Un voto per Prodi e per i talebani

Romano Prodi punta sull'effetto-San Remo. Sempre che Pippo Baudo faccia il miracolo, da oggi in Italia si canta e non si pensa ad altro. Per cui la fiducia del Senato di oggi è più che scontata. Si può riaprire una crisi nel bel mezzo del Festival della Canzone? Figuriamoci. Per cui, in nome non degli interessi generali del Paese ma solo della necessità di dare un minimo di continuità al governo malmesso di centro sinistra, votano Andreotti, Pininfarina, i dissidenti dell'ultra sinistra, gli altri senatori a vita allineati, Pallaro e l'ultimo arrivato Follini. E la festa è fatta. Tra fiori, canti e la convinzione consolatoria, suggerita dal portavoce Sircana, che si è trattato di un semplice pit stop e che, fatto il pieno di benzina e sistemato il carburatore, d'ora in avanti si corre più veloce di prima.
Ma dove? Già, dove s'indirizza un governo che viene votato al Senato non per convinzione politica ma per pura carità di patria ? La risposta è fin troppo semplice. Non c'è un traguardo per il governo Prodi. L'unico è il muro di una nuova crisi a breve. E questo muro, nelle sue diverse versioni, è già alle viste. Forse non sarà quello rappresentato dalla riforma delle pensioni. Che il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa insiste nel promettere alla Ue e che i sindacati hanno già bocciato senza se e senza ma. Si tratta (perché sul terreno delle pensioni un futuro compromesso è forse possibile) del muro dell'Afghanistan. Il fallito attentato al vicepresidente Usa Cheney cancella ogni illusione nutrita dal ministro della Difesa Arturo Parisi secondo cui non ci sono offensive talebane in vista, e non c'è dunque il rischio che il nostro contingente si possa trovare di colpo in prima linea.
Anche se non è andato a buon segno, il colpo di mano dei fondamentalisti afghani dimostra che l'offensiva talebana è cominciata. E che d'ora in avanti alle tante chiacchiere sulla ipotetica conferenza di pace o sulla improbabile trasformazione della missione militare in missione di pace, subentra la dura realtà della guerra. Il governo, che come dice Sircana ha già subito un pit stop sulla politica estera, rischia di infrangersi proprio contro questa realtà. Se al momento del voto al Senato sul rifinanziamento della missione in Afghanistan il governo perde di nuovo la propria autosufficienza, la sua corsa finisce. E questa volta definitivamente. Chi vota oggi in nome della continuità farebbe bene a valutare la possibilità che la propria carità di patria serve solo a prolungare l'agonia.
Ma farebbe ancora meglio a tenere conto che nel sostenere un governo così incerto e diviso sulla missione a Kabul si assume anche la responsabilità di quanto potrà succedere, da oggi in poi, ai nostri soldati impegnati in Afghanistan. I talebani conoscono alla perfezione le vicende politiche italiane. Sanno delle divisioni che lacerano governo a maggioranza. E, nel tentativo di spingere gli italiani ad un ritiro che costituirebbe per loro un risultato politico di straordinario interesse, potrebbero attaccare il nostro contingente con la stretta violenza e spregiudicatezza con cui hanno tentato di fare fuori Cheney. Chi vota oggi per Prodi offre il fianco ai talebani. La speranza è che non ne approfittino.

2 Comments:

Blogger High Power Rocketry said...

: )

5:38 AM  
Anonymous Anonymous said...

Adesso che l'esperienza Prodiana è conclusa possiamo dire che, nonostante tutto, non è successo niente per fortuna (?).
E così gli unici morti italiani in un conflitto aperto restano a carico del governo precedente.

6:18 AM  

Post a Comment

<< Home