Prodi ed il Pacs della rottura
Anche nel centro sinistra i nodi arrivano al pettine. I primi riguardano il modello Zapatero, evocato con grande enfasi da Fausto Bertinotti ed Enrico Boselli. Romano Prodi, convinto che aprire alle coppie di fatto su cui l’Unione si è genericamente espressa a favore nei mesi scorsi, sia un buon viatico per la campagna delle primarie e per la preparazione del programma. Lancia il progetto dei Pacs. E nel giro di un paio d’ore si ritrova con una dichiarazione di guerra del Vaticano e la minaccia di Clemente Mastella di rompere ed uscire clamorosamente dalla coalizione. Molti e lo stesso Prodi, si sono affrettati a gettare acqua sul fuoco. [leggi per intero]
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Mi permetto di dissentire parzialmente da lei, in particolare sulla contrapposizione tra PACS, matrimonio e il concetto di famiglia tradizionale.
Se ci astraessimo dalla visione confessionale sarebbe facile comprendere come la normativa sui PACS non porterebbe altro che un rafforzamento di quella che ci si ostina a chiamare famiglia tradizionale, che invece è, nonostante i mille ostacoli frapposti da questi tempi bui, il comune concetto pratico di famiglia che tutti noi abbiamo davanti. Anche i militanti omosessuali “zapateristi” sono stati allevati da una famiglia “tradizionale”, così come tutti gli agenti di questo surreale dibattito; appare almeno bizzarro, perciò, che i nostri avversari si ostinino ad affermare che vorremmo quantomeno il suo declassamento. Quando vent’anni fa il movimento iniziò a discutere di coppie omosessuali, i promotori del dibattito furono immediatamente bollati come reazionari che minavano le basi della rivoluzione introducendo come cuneo quelle inaccettabili tentazioni borghesi. Oggi perfino i più radicali dei nostri fratelli comprendono quanto questa lotta inerisca la natura delle relazioni umane e di conseguenza sia una importante lotta per la dignità, i diritti e le libertà. Ma restiamo sul piano dei diritti, che è quello
Mi permetto di dissentire parzialmente da lei, in particolare sulla contrapposizione tra PACS, matrimonio e il concetto di famiglia tradizionale.
Se ci astraessimo dalla visione confessionale sarebbe facile comprendere come la normativa sui PACS non porterebbe altro che un rafforzamento di quella che ci si ostina a chiamare famiglia tradizionale, che invece è, nonostante i mille ostacoli frapposti da questi tempi bui, il comune concetto pratico di famiglia che tutti noi abbiamo davanti. Anche i militanti omosessuali “zapateristi” sono stati allevati da una famiglia “tradizionale”, così come tutti gli agenti di questo surreale dibattito; appare almeno bizzarro, perciò, che i nostri avversari si ostinino ad affermare che vorremmo quantomeno il suo declassamento. Quando vent’anni fa il movimento iniziò a discutere di coppie omosessuali, i promotori del dibattito furono immediatamente bollati come reazionari che minavano le basi della rivoluzione introducendo come cuneo quelle inaccettabili tentazioni borghesi. Oggi perfino i più radicali dei nostri fratelli comprendono quanto questa lotta inerisca la natura delle relazioni umane e di conseguenza sia una importante lotta per la dignità, i diritti e le libertà. Ma restiamo sul piano dei diritti, che è quello più concreto e sul quale è difficile fare demagogia o innestare questioni ideologiche.
Ciò che si introduce con i PACS è il riconoscimento di tutele a forme di famiglia oramai molto diffuse (due milioni di coppie) nel Paese. Queste famiglie esistono e producono prole, reddito, spesa, solidarietà, insomma sono parte integrante del tessuto sociale, una nuova forma di quel famigerato “nucleo centrale” della società (chissà poi perché i single vengono considerati periferici…).
Oggi stiamo discutendo, con la CEI e i suoi sudditi, se queste nuove famiglie debbano continuare a vivere nella clandestinità o se non sia il caso di aiutarle a interpretare più pienamente e proficuamente quel ruolo pubblico che già sostengono nonostante tutto. A noi pare che l’evidenza dei fatti accaduti nel resto del mondo occidentale ci conforti. Nei Paesi (tutti, in Europa, tranne Italia, Austria, Grecia e Irlanda, ma quest’ultima si sta attrezzando) in cui esiste una cultura politica liberale che tutela le nuove famiglie, e nei quali, guarda caso, le politiche familiari hanno un effetto benefico concreto, la natalità ha ripreso ad aumentare, mentre nel nostro “canonico” Paese, che delle famiglie gonfia solo le orecchie invece dei portafogli, essa stenta ad aggrapparsi alla parità.
Quanto alla disparità di “convenienza” tra matrimonio e PACS, urge ricordare che tale disparità ben avrebbe potuto essere ridimensionata se proprio i nostri detrattori non avessero deciso di mantenere quegli odiosi tre anni di gestazione penitenziale per il divorzio, stabilendo che i cittadini italiani hanno bisogno di un aiutino istituzionale alle coscienze.
Il PACS è un istituto moderno che aiuta chi vuole convivere ad affrontare la vita in comune, senza alcuna pretesa pedagogica o moralista. Forse è proprio questo il vero problema da superare.
Marco Volante
Portavoce milanese
GAYLEFT Consulta glbt dei Democratici di Sinistra
marco.volante@dsmilano.it
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