La verità sull’euro bifronte
Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi non perde occasione nel difendere l’euro ed il destino europeista del nostro paese. E le argomentazioni che adduce sono tutte pienamente fondate ed assolutamente condivisibili. Senza la moneta unica i tassi d’interesse nel nostro paese sarebbero alle stelle, la lira passerebbe da una tempesta monetaria ad un’altra, il debito pubblico sarebbe da tempo finito fuori controllo. In più l’Italia fuori del contesto europeo non avrebbe granché peso nel contesto internazionale. E qualsiasi pretesa di poter trattare alla pari con la Cina per ridimensionare la portata della concorrenza spietata dei suoi prodotti sarebbe illusoria. Ciampi ha dunque ragione a difendere la scelta dell’euro. [leggi per intero]
7 Comments:
Il fatto che l'Europa al di là dell'Euro non abbia nulla di una "potenza", "grande spazio" o semplice ma forte "realtà geopolitica unitaria", non deve necessariamente lasciare distruggere l'unica cosa che la tiene unita. Sarebbe come buttare a mare l'unica cosa che si salva - sebbene a stento - un un momento in cui tutto l'Occidente si trova in evidente difficoltà.
Caro direttore,
non sono del tutto d'accordo con Lei.
1) Quando parla di concorrenza spietata della Cina, mi limito a rilevare che la concorrenza è sempre spietata o non è ("non è dalla benevolenza del macellaio che deve derivare il nostro benessere, ma dal suo egoismo" - Adam Smith)
2) Lei scrive che il super-euro sta uccidendo la nostra industria manifatturiera. Io dico invece che l'Euro sta semplicemente accelerando un processo in atto da tempo: la morte della nostra industria manifatturiera appunto. La produzione italiana è obsoleta, fuori moda, spesso di ridotta qualità e a prezzi elevatissimi. Inoltre si concentra in mercati maturi e a bassissimo contenuto tecnologico.
La campana di questo funerale suonava già da tempo.
Non è dunque colpa dell'Euro se questa sta morendo: l'Euro sta solo accelerando questo processo.
Milton Friedam lo ha detto un bel po' di tempo fa: non c'è moneta che tenga, se un paese è forte, vende sempre e comunque all'estero, a prescindere dalla valutazione della sua moneta.
Gli Stati Uniti degli anni novanta sono un ottimo esempio.
In conclusione: l'Euro ha il suo peso in questo fenomeno (per me positivo: finiremo di sprecare risorse in produzioni fuori dal tempo), ma non esageriamolo. La colpa è solo di una struttura industriale scandente e moribonda che taluni ("il piccolo è bello" o "ci vogliono grandi imprese!", a prescindere dalla loro efficienza) pensavano di poter tenere in vita in eterno.
L'Euro ha ricordato loro che l'unica cosa eterna è la morte.
Sono del tutto d'accordo con aa. Non e' colpa dell'euro se in Italia ci siamo crogiolati sul luogo comune del piccolo e' bello, dell'assenza di ricerca, dell'impossiiblita' di creare un mercato finanziario che fosse degno di questo nome, e non una bisca dove si compiono prevalenti mosconate; se il capitalismo familiare italiano si regge da sempre sui crediti di banche inefficienti e costosissime, vera radice dell'inflazione del paese; se la nostra economia si e' specializzata in produzioni labour intensive a basso valore aggiunto che competono (sic) con quelle del paesi emergenti.
Il governo avrebbe dovuto intervenire nella fase di lancio dell'euro, utilizzando misure minimali come l'obbligo del doppio prezzo, ma anche misure strutturali, come una fortissima liberalizzazione dei mercati, concetto che e' del tutto alieno alla cultura politica clientelare che in questo paese e' patrimonio genentico di entrambi i poli. Il liberalismo politico ed il liberismo economico non abitano qui...
phastidio: u'r a person to whom we pay considerable respect.
aa
Gentile Direttore,
anch'io non concordo pienamente con la sua analisi.
1)Attribuire la colpa della crisi dell’industria italiana al super euro penso equivalga
a nascondersi dietro ad un dito. Gli Stati Uniti hanno
registrato una crescita straordinaria alla fine degli
anni 90 quando la loro valuta era supervalutata. Oggi,
con la loro valuta svalutata la loro crescita economica continua – tanto che proprio i dati economici hanno fatto registrare un apprezzamento del dollaro sull’euro negli giorni scorsi.
Dunque la rivalutazione di una valuta non può essere
considerata a prescindere come un aspetto negativo nella crescita
economica di un paese.
Quello che lei dice è vero solo facendo un passo indietro: considerando lo stato dell’economia italiana. L'Italia domina in settori "poveri" (con questo termine intendo settori dove la concorrenza non è basata sulla qualità del prodotto ma sul prezzo: la strategia Fiat). Dunque è normale che una rivalutazione del cambio influenzi negativamente la crescita economica. Ma a questo punto è utile stabilire se la colpa sia della rivalutazione del cambio oppure dell'arretratezza economica del nostro paese. L’alta moda – settore dove invece la concorrenza non si basa sul prezzo – non si lamenta, perché le sue produzioni sono “ad alto valore aggiunto”. Allo stesso modo, quando il dollaro era rivalutato gli italiani compravano i computer IBM. La qualità, il livello tecnologico e il marchio sono i punti di forza di un’economia. Non i bassi prezzi.
2)In un libro pubblicato per il Cato Institute, Olaf
Gersemann, (Cowboy CApitalism: European Miths,
American Reality), sottolinea come uno dei grandi problemi dell'Italia sia proprio il peso spropositato dell'Industria sull'Economia, e in particolare il peso dell'Industria "a basso contenuto tecnologico".
Infatti non possiamo pensare di continuare a produrre magliette e tovaglioli e rimanere tra i paesi più ricchi al mondo.
L’Inghilterra ha risolto questo problema negli anni ’80 spostandosi verso i servizi: quelli che accusavano la Tatcher di distruggere l’industria inglese oggi vanno a cancellare con la gomma i loro interventi – già allora ridicoli. In Italia, invece, non solo sono stati fatti ben pochi passi in avanti, ma addirittura abbiamo tentato di bloccare ogni tipo di sviluppo. Così, quando la Fiat aveva dei problemi, invece di renderci conto che non ha più senso avere “l’auto italiana”, i sindacati ci spiegavano con la loro classica lungimiranza che bisognava continuare a costruire macchine. Problema risolto: così neanche più gli americani si sono detti disposti ad acquistare i marchi italiani.
3) Lei prende come esempio il ‘500. L’industria tessile italiana era allora quella leader nel mondo. Le corporazioni italiane, contrarie ad ogni tipo di progresso, non capirono la necessità di produrre prodotti più economici. Il risultato? Gli Inglesi, copiando (Charles Williams, England’s Apprenticenship, 1979) da Italiani e da Olandesi iniziarono una produzione più economica e più adatta alle richieste del mercato (tessuti più sottili). Intanto la conquista turca di Costantinopoli con il conseguente blocco dei commerci verso l’Est e dall’altra parte la scoperta dell’America, fecero perdere al Mediterraneo quel ruolo di primato che aveva avuto fino ad allora. Con ovvie conseguenze sull’Italia. Il declino della produzione tessile italiano era però già iniziato. E così quello politico.
Sono d'accordo con voi nel considerare che il super-euro è solo la causa contingente del cosidetto declino mentre la causa strutturale è l'arretratezza della struttura industriale italiana. Così come so bene che la crisi della fine del '500 ha ragioni diverse da quelle dell'inizio del terzo millennio. Ma i vizi che ilk secolo breve ha inoculato nel nostro paese rendono impossibile affrontare la causa strutturali nel breve periodo. E poichè nel lungo periodo " saremo tutti morti" , come diceva Keynes, in unpezzo di polemica e di provocazione non posso fare altro che prendermela con le cause contingenti, super-euro compreso. Questo significa che sono contro l'euro e l'unità europea ? Può essere. Anche perchè io preferirei gli Stati Uniti federali dell'Occidente alla Ue dei burocratici e dei banchieri.
Quanto al declino dei sedcoli passati è sempre per un motivo polemico che prendo a paragone la fine del '500. Se le culture contrarie alla modernità non vengono ribaltate la nostra sorte è destinata ad essere molto simile a quella che è andata avanti per un paio di secoli : il paese che campa sulle rovine generosamente lasciate in eredità dai propri antenati.
Certamente, direttore, direi che il suo intento polemico, soprattutto riguardo alcuni noti pronunciamenti "ex cathedra" (ed "ex-colle"), che in quanto tali diventano articoli di fede, e' del tutto condivisibile, cosi' come lo e' l'esempio del declino di civilta' o modelli socioeconomici. Personalmente, anche a me sarebbe piaciuto avere un'Europa meno tecnostruttura e piu' liberoscambista, come ad un certo punto della sua evoluzione essa e' stata. E le confesso che invidio molto l'approccio del Regno Unito: dentro l'Unione, ma fuori dall'euro. Cio' consente ampi gradi di liberta' nella gestione della propria politica economica. Ecco, ma proprio qui sta il punto: una lira italiana fuori dall'euro sarebbe stata molto piu' simile ad una lira turca che ad una lira sterlina, proprio grazie alla classe politica che ci ritroviamo ed alla sua perenne incapacita' ad affrontare tematiche economiche. L'economia dovrebbe essere insegnata sin dalle elementari, partendo proprio dalle curve IS-LM: riusciremmo a far crescere una generazione piu' responsabile e meno autoindulgente e furbesca. Come diceva una bellissima frase dell'economista italiano Maffeo Pantaleoni, "non c'e' nulla di piu' vendicativo dell'economia". Infatti...
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