Wednesday, May 17, 2006

La Cdl e le conseguenze del neo-proporzionalismo

Il problema della Cdl non è di evitare di dividersi sul comportamento da adottare nei confronti del nuovo Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ormai la partita del Quirinale si è chiusa. Il successore di Carlo Azeglio Ciampi si è insediato. E non ha alcun senso continuare a discutere se l’ex leader migliorista del Pci avrà la forza e la capacità di rispettare la promessa di essere al di sopra delle parti o se, invece, si troverà costretto ad essere l’espressione della sola maggioranza che lo ha votato. Il problema della Cdl, preso atto che il centro sinistra ha fatto piazza pulita delle principali cariche dello Stato e che riaffermare questa verità politica non comporta minimamente mettere in discussione il rispetto dovuto ai rappresentanti istituzionali, è di fissare la linea politica da contrapporre al prossimo governo di Romano Prodi. [leggi per intero]

3 Comments:

Blogger celestino ferraro said...

MORALISMO ISTITUZIONALE

L’EMPIA ALLEANZA
Il gran visir irride l’opposizione e gli eunuchi di Palazzo levano alto il peana.
L’Uomo del Monte gli ha detto sì e Lui corrobora la sua casuale maggioranza con il voto di 7 senatori a vita.
Salti chi può, disse il ranavuottolo (a Napoli), quando d’un guizzo si sottrasse alle brame fameliche di un ratto.

I sette peccati capitali hanno raggirato il bene e il bene soccombe al male.
Ma perché è immorale il voto dei sette senatori a vita?

Perché la democrazia vuole che maggioranza e minoranza siano stabilite dal popolo sovrano, con il voto elettorale, quello che conferisce consenso e legittimità al potere, e non da surrettizie primogeniture conferite a titolo onorifico.
Mi sarebbe piaciuto scoprire il comportamento di emeriti padri coscritti della nostra Repubblica, per essere chiari di Ferruccio Parri, Carlo Bo, Norberto Bobbio, Giovanni Spadolini, Carlo Sforza, Francesco De Martino, Pietro Nenni, Meuccio Ruini e tanti altri tutti degni del laticlavio a vita onore della Patria riconoscente.

I laureati ad honorem, nel mondo, credo che siano migliaia. Il titolo è stato conferito loro ad honorem. Nessuno di essi si sogna di esercitare la professione specifica per la quale sono stati addottorati. Per esercitare la professione è conditio sine qua non l’esame di Stato.
Quale esame di Stato (voto popolare) hanno sostenuto i sette senatori a vita del nostro Senato?

La democrazia degli Usa, consolidata democrazia Occidentale, ignora l’onorifico senatore a vita.
È un’usanza del monarca assoluto quella di premiare i suoi vassalli con baronie, contee, ducati e principati; oggi c’è l’Ordine della Repubblica che conferisce onorificenze senza nemmeno aggravio per l’erario.
Si largheggi pure con le commende, coi Gran Uff. della Repubblica, nulla quaestio se fra loro c’incappasse anche il dottor D’Alema (ad honorem), o il Prof Prodi, o il dottor Rutelli e tanti altri degni del bacio accademico.

Invece, quando poi sette signori, sette vegliardi famosi per il loro passato, interferiscono nella volontà del popolo italiano partecipando con il loro voto alla vittoria di questa o di quella coalizione, siamo difronte ad una immoralità d’alto livello istituzionale e non vi sono scusanti d’alcun genere per legittimare questa noncuranza. Figurandomi addirittura l’inutilità di questo suffragio, non essendo stato determinante il loro voto.
Una soperchieria inutile. Specialmente se gli aspiranti favoriti dai Sette, si dichiarano sacerdoti del ripristino d’una moralità pubblica che da decenni latita.
Ed il fatto che, per il passato, abbia fatto comodo a qualche altro il voto “surrettizio” di padri della Patria, non moralizza il comportamento odierno di coloro che furono supremi custodi della Costituzione. Tanto per parlarci chiaro.
Celestino Ferraro

1:40 PM  
Blogger celestino ferraro said...

Gli untori! dagli! dagli! dagli! dagli agli untori!

Direi che sia giusto avercela con Fini, Casini, Buttiglione, questo trio di statisti che fischiano, pur essi, l’austero Ciampi fresco di laticlavio e reduce dal Quirinale. Quando si è grandi padri della Patria, in Italia, bisogna essere per forza reduci da qualche “gestazione” dove il meglio di noi ha partorito la storia d’Italia.

Cosa ha voluto dimostrare Ciampi con il suo sì a Prodi?

Che lui è uomo super partes e come tale legittimato a votare anche per Prodi?

Ce ne saremmo mai accorti, noi popolo sovrano, che l’imparziale di stanza al Quirinale era un super partes a mezzadria? Certo, se non si fosse schierato apertamente per il centrosinistra, votando la fiducia a Prodi, quando mai avremmo intuito che Ciampi era stato pro partes nella settennale fatica Quirinalizia?

E che dire del divo Giulio? Una maschera equivoca dell’essere e non essere che ci abbindola da una vita alle sue mene.
Accetta la candidatura di opporsi a Marini per la presidenza del Senato. I padri coscritti sono nell’imbarazzo di scegliere fra l’inveterato oligarca, “calunniato a vita”, e il richiamo della foresta che li vorrebbe già franchi prima dell’estate.
Si sono spartiti tutto facendo incetta delle miserie del popolo italiano. Eccolo qua, il divo Giulio, come se nulla fosse accaduto, cinico e beffardo come sempre, vota per i prodi dell’altra sponda. Diciamo che con i Pacs avremo ben da ridere e da ridire. Se Ruini si farà sentire.
Il Sardo, in un coupè famoso, sfreccia sotto il naso di "Paperon dei Paperoni" e lo dileggia: la ciliegina sulla torta. Picconatore gradinante sulle vette.

La nuova magnoranza, magnanima (pro bono pacis), potrebbe offrire al Casini (il ventre molle del centrodestra?) la presidenza di qualche importante commissione parlamentare: speriamo che l’offerta decada. E speriamo ancora che quando uno dei tre, in Parlamento, prenderà la parola per dibattere problemi inerenti la vita pubblica, tutti i deputati della nuova magnoranza abbandonino gli scranni per lasciarli parlare all’aula semivuota (come auspica Eugenio Scalfari). Magari!

Perché non l’aboliamo questo Parlamento pieno zeppo di neghittosi che ambiscono solo le prebende e rifiutano l’etica della democrazia? Duemila miliardi di vecchie lire ci costa ogni anno: per Giove!
I tre sono come i tre dell’Avemaria, pistoleri che con la bocca fanno tanto rumore che tutto il far west di Sergio Leone sarebbe muto al loro eloquio. Speriamo che questa facoltà di parola venga concessa poche volte ai tre messeri stigmatizzati dal rude Scalfari, altrimenti assisteremmo ad un fuggifuggi generale con grossa difficoltà della buvette di Montecitorio presa d’assalto dalle torme di parlamentari al ristoro.

C’è poco da dubitarne, la magnoranza è COESA (assurge a nuovi fasti l’aggettivo), tutti sono coesi, coesa è puranche la stampa indipendente che ha scoperto come ridurre al silenzio gli oratori dell’opposizione: abbandonare l’Aula. Infatti non è che stia scritto da qualche parte che si sia obbligati ad ascoltare gli sproloqui di chi li pronunzia. La democrazia, fra tante odiosità, ipotizza anche questa libertà.
Suggerimento che renderà brevi asciutti e compendiosi i lavori parlamentari: una concinnitas tacitiana. Parla la maggioranza?, l’opposizione abbandona l’Aula. Parla l’opposizione?, la magnoranza scappa via.

La cure e i conti dello Stato sono in buone mani, i nuovi (?) arrivati hanno l’abracadabra per tutto, sembra che già le cose si stiano aggiustando per un PRODI-gio..
Mi ricordo qualche anno fa, un “Venerdì di repubblica”: “il cavallo non vuole bere”, scriveva laconico don Eugenio. Con i prodi-gi il cavallo berrà?
Ed io pago!, direbbe Totò.
Celestino Ferraro

1:41 AM  
Blogger celestino ferraro said...

Gerardo Nocera, vorresti guardarmi negli occhi? Ma tu ce l'hai gli occhi?
Io credo che tu sia solo lingua.
stammi come stai.

1:09 AM  

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