Il danno ridotto di Napolitano
Tutto lascia credere che anche la candidatura di Giorgio Napolitano sia destinata a tramontare. Per il “no” di Silvio Berlusconi ad un candidato considerato non al di sopra delle parti. Ma se il senatore a vita riesce a spuntarla e a diventare Presidente della Repubblica, deve ringraziare la teoria della “riduzione del danno”. Cioè il principio del “Gesù non peggio!”. O, più precisamente, la tesi secondo cui è meglio la “padella Napolitano“ piuttosto che la “brace D’Alema”. Insomma, se l’eterno prudente ex leader dei “miglioristi” del Pci-Pds-Ds riesce a salire al Quirinale anche con l’assenso di una parte dell’opposizione, deve ringraziare il timor panico suscitato nel centro destra (ma anche nel centro sinistra) da Massimo D’Alema. [leggi per intero]
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I PANIFICATORI DELL’INFORMAZIONE
La mensa è ancora imbandita, il piatto forte è stato annunziato a più riprese ma non ancora è stata scodellata la minestra del giorno. Lo Chef di Montecitorio ha sollecitato per tre volte la portata, ma dalle cucine il cuoco ha fatto orecchio da mercante: non c’è pane da spezzare a tavola per tutti i commensali.
Il panificatore della CdL è Giuliano Ferrara, lo fa con dovizia d’arte da svariati anni. Quotidianamente il suo pane, contenuto nel Foglio, raggiunge le petit déjeuneur di coloro che si alimentano di questo pane speciale avendo raffinato il palato a certi gusti.
È un’abitudine inveterata quella di satollare ogni mattina la nostra fame di notizie sorseggiando un caffè e sfumacchiando una sigaretta. Durante la notte falangi di panificatori hanno panificato il loro pane per soddisfare le esigenze palatali d’una clientela cui le notizie piace gustarle coi fumi del caffè.
Naturalmente ogni panettiere panifica a piacimento, la verità è che il pane che viene commerciato non è pane salato, i panificatori non sanno quanto sa di sale lo pane altrui, non han salito e sceso le altrui scale, panificano di proprio pugno nel cuore della notte. Non una stilla di sudore ha bagnato la fronte di colui che ci offre il suo pane come migliore.
Le notizie panifiacate sono quelle che il gusto del panettiere vorrebbe farci piacere e ciascuno impasta il pane in maniera eterodossa dai panettieri soliti che gli fanno concorrenza. Il pane di Giuliano è un pane da iniziati, è un pane casareccio che ancora si panifica nelle nostre campagne dove il forno a fascine non teme concorrenze moderne. Pochi son quelli che si cibano del suo pane: non ce n’è per tutti.
Ormai la modernità ci trascina fra le più inimmaginate comodità; da New York a Parigi, da Mosca a Pechino, da Rio de Janeiro a Roma, la notizia viaggia in nanosecondi ed Internet panifica il WWW in ciberspazio accessibile a tutti i naviganti.
Anche il telefonino, i videotelefonini, ormai collaborano col panificatore affinché ci somministri il pane più fresco della giornata. Il peggio è per coloro che parlano troppo con i telefonini: un orecchio del mondo chiuso a qualsiasi segretezza.
Giorgio, Massimo, i fratelli compagni, il massimo e il minimo, si contendono la Poltrona Quirinalizia a colpi di schede bianche: quello che ne avrà meno sarà sicuramente il prossimo Inquilino del Colle.
Così ha panificato il suo pane Giuliano Ferrara. Alla masticazione è gommoso. Temo che il lievito usato non sia stato capace di far lievitare soffice il pane infornato: “è scriscetato e s’è fatto nchiummuso”, direbbe un Napolitano.
Il vociato inciucio fra Silvio e Massimo s’è perduto fra i rumori del pentolame di cucina, aiutanti cuoco e sguatteri sono trafelati nell’approntare i coperti da servire ai tavoli, il brusio è confuso e le parole di tutti si affastellano nel vociare collettivo.
Da parte del Maitre si promette che la IV portata sarà quella dell’hurrà. Ma non pare che lo chef abbia migliorato gli ingredienti.
“Toujours perdrix!, sbottò il confessore cui Enrico IV di Francia aveva fatto servire quotidianamente a pranzo le prelibate pernici. “Toujours Reine!” di rimando il re accusato dal confessore di essere un marito fedifrago.
Il nostro Giuliano sta per la regina: il Massimo della fedeltà.
Celestino Ferraro
Napolitano Presidente. L'ennesimo caso in cui la cornice ha fatto la fortuna del ritratto.
NAVIGARE NECESSE EST, VIVERE NON EST NECESSE.
Oso credere che questa condiscendenza dalemiana a fare passi indietro per compiacere la vanesia arroganza dei compagni di cordata, sia una totale fregatura per il compagno Massimo che fa politica dall’adolescenza. E non per giungere a 55 anni e scoprirsi ingombrante per gli Stati Maggiori dell’Unione che lo tallonano e intendono impacchettarlo.
Qua il problema è uno solo: chi è il Metternich di questa Santa Alleanza? Waterloo non c’è stata, il duca di Wellington non ha prodi che gliel’han suonate al Napoleone sbeffeggiato, seralmente, dal Fazio-Cornacchione ad adiuvandum.
Lo zar di tutte le Russie non è Bertinotti, né Napolitano può dirsi un Luigi XVIII. Semmai è D’Alema il Fouché che controlla lo staff di Palazzo Chigi.
Oh quanto sarebbe stato meglio per i prodi leccati dal destino, se al Quirinale fosse stato spedito Massimo e non Giorgio: Giorgio è sul calar del sole, Massimo è all’acme del volere. Che non sempre significa potere, ma è la substantia che del potere irriga le conquiste.
Celestino Ferraro
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