Il bivio politico di Prodi
Mai come in questa occasione vale l’antica regola che il personale è politico. Nel dover scegliere il futuro presidente della Camera, Romano Prodi non si trova di fronte al dilemma se preferire Fausto Bertinotti o Massimo D’Alema. Per lui, sul piano personale, l’uno vale l’altro. Deve decidere se l’asse portante del futuro governo sarà il suo rapporto preferenziale con Rifondazione Comunista e la sinistra radicale. O se, invece, alla base della coalizione ci sarà l’alleanza privilegiata con i Democratici di Sinistra. Piero Fassino e lo stesso D’Alema si sono formalmente rimessi alla decisione di Prodi. E, di conseguenza, qualunque decisione potrà essere presa dal leader dell’Unione, i Ds chineranno il capo e batteranno i tacchi. [leggi per intero]
1 Comments:
SE LA VERITÀ FOSSE UN CORNETTO APOTROPAICO
Mi viene quasi da ridere. E non è che l’argomento sia esilarante, mi vien da ridere come fatto nervoso, una reazione stizzosa che mi fa ridere e m’impedisce di sbraitare così come m’imporrebbe la provocazione che da anni subiamo come lettori dei soliti “domenicali” di Repubblica. Oddio, basterebbe non leggerli e ci risparmieremmo l’atrabilia che ci assale leggendo le solite margniffate antiberlusconiane.
Il settimo giorno Dio si riposò. Qui da noi non s’usa più, il settimo giorno, il Dio del quarto potere, comunica al quarto stato, tutte le malversazioni che Berlusconi e i suoi complici perpetrano o hanno perpetrato ai danni della collettività. È la Rivoluzione illuministica che gode del trionfo.
Certo, potremmo non leggerli: facile a dirsi. Ma sarebbe comunque una deminutio per il nostro diritto di essere informati di tutto ciò che la democrazia ci riserba. E allora si affronta il rischio di sorbirci il solito pastone che, se non altro, per disponibilità di mezzi e di attrezzature di chi lo scrive, dovrebbe essere in grado di erudirci secondo accadimenti reali e non fomentati dalla propria acredine.
Purtroppo non è così, non è mai stato così. La preclara penna ci scarica addosso i suoi rancori e ci descrive un Berlusconi continuamente teso alle malefatte con le quali ha raggirato il 50% degli elettori italiani. E non solo si maligna del Berlusconi, pessimo politico e pessimo cittadino, che inquina le fonti cristalline di questa democrazia, ma anche di coloro che, nella loro libertà di coscienza e d’azione, osano fiancheggiare questo imbonitore nell’impresa onerosa di governare l’Italia: gente di destra. Inaudito!
Andreotti ad 87 anni ha osato offrire la sua sessantennale esperienza politica favorendo la CdL e accettando di essere candidato alla presidenza del Senato. Contro Marini? Anatema su di lui!
Il vecchio bacucco non s’arrende mai. “Il potere logora chi non ce l’ha” sosteneva Giulio confortato da decenni di vicissitudini romanzate e, se osa rinverdirlo, il potere, gli saltano addosso e riesumano tutte le vecchie ingiurie che, apostrofandolo “Belzebù”, gli attribuiscono tutte le nequizie di 60 anni di potere spesi al servizio della Repubblica e della Libertà.
La più ingiuriosa, e per la quale ha subito un processo lungo 10 anni: MAFIOSO!
Mafioso perché un violante – participio presente di violare – ha tentato di ficcarlo in quei CASELLI del disdoro dove soccombono gente dalla schiena più ritta di quella d’Andreotti. Il gioco non è riuscito e Andreotti subisce l’ennesima lapidazione per aver esercitato un diritto che non viene contestato a nessun altro vegliardo della Patria in servizio permanente effettivo, dal Viminale al Quirinale a Palazzo Madama, con il suo coetaneo Oscar Luigi.
…“Te, poverella vite, amo, che quando Fiedon le nevi i prossimi arboscelli, Tenera, l’altrui duol commiserando Sciogli i capelli”… “In chiuso loco Gaio frattanto il vecchierel vicino Si asside al foco” … “Tien colmo un nappo; il tuo licor gli cade Nell’ondeggiar del cubito sul mento; Poscia floridi paschi ed auree biade Sogna contento”.
Così affiora nei miei ricordi “Egoismo e carità” e lo Zanella di Repubblica (82 anni maturati), fa della “pompa de’ colli” l’Oscar (87 anni maturati) che ha presieduto una seduta del Senato che avrebbe dovuto seguire ben altra “legittimità”. Le côteries della gauche al caviale e al cachemire che cooperatizzano l’Italia con e senza consorte, si ricordano dei valori intrinseci della democrazia, del voto, momento solenne della legittimazione politica, solo quando fa comodo ai vincitori (ieri perdenti). Solo quando certe virtù ci piace ostentarle e sbandierarle farisaicamente. Non è corretto. No! Non è corretto!
Ci dimentichiamo di un ministro della Repubblica, cacciato con ignominia da questo stesso Oscar che, bacchettone severo 50 anni fa, prima lo volle sodale della sua rettitudine come ministro di Giustizia, eppoi se ne liberò: ed ignoriamo ancora perché mai fu così omertosa quella sfiducia.
Ma i “domenicali” non fanno la storia, tutt’al più pettegolezzo.
Ci rincuora in tanto squallore l’adamantina fiducia nel dovere che anima il Nobel di Palazzo Madama.
L'etica nella vita pubblica è un richiamo che i Soloni di sinistra, o sinistrorsi, invocano spesso a carico di uomini di destra, o destrorsi, cui compete l'oneroso compito dell'onestà. Non è onesto solo chi non ruba, è onesto anche chi, consapevole dei suoi doveri, non accampa diritti pretestuosi per far pendere il voto del Senato a sinistra. Il votare è prerogativa degli eletti del popolo e non padri coscritti ad honorem. L’etica è una legge non scritta, è il richiamo della propria coscienza che bisogna ascoltare se non si è sordi.
Celestino Ferraro
Post a Comment
<< Home