Il Professore, il piattino ed il caso Bresso
Romano Prodi ha fermamente smentito Paolo Guzzanti a proposito di via Gradoli. Ed ha minacciato di querelare il parlamentare di Forza Italia se non la smetterà di considerare una balla la tesi del “professore” secondo cui l’indirizzo del covo dove le Br tennero prigioniero Aldo Moro venne fuori da una seduta spiritica con annesso piattino. Non mi permetto di mettere in dubbio la smentita del leader del centro sinistra. Prodi è un uomo d’onore. [leggi per intero]
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IL ROMANO FIORENTINO
Lo stupefacente è che nessuno se ne dolga. Sproloquia per l’ennesima volta e la sua retorica è sempre quella: ingenua ed enfatica. Scandisce l’inutile per farti capire il niente, si perde in circonlocuzioni fantasiose e non un progetto serio viene illustrato per questa Italia sgangherata e rotta. Come la definiscono gli Unionisti tesi nel dileggio e nell’ingiuria.
Lo spiritista per eccellenza invoca l’ideale: quale? “Ridisegnare il panorama sociale di questo Paese”... “Amministratore straordinario” in pectore del Vapore senza vapore. Trovandosi in Firenze l’avrà ispirato Lorenzo, il Magnifico, in un passaggio mediatico dove il welfare assume le proporzioni michelangiolesche della Biblioteca.
Per meglio affascinare con le sue grandiose previsioni futuristiche, ricorre a banalità che suscitano l’ilarità degli astanti quando paragona le autostrade intasate di oggi, in un Paese in recessione berlusconiana, ma non ancora sviluppato come sarà quando egli sarà al timone del Vapore: modestamente.
Celestino Ferraro
CAMBIARE FACCIA
“L’amministratore straordinario” esordisce in Firenze (Conferenza programmatica della Quercia) con una captatio benevolentiae, conosce bene i suoi aficionados, sa quale musica gradiscono. Non sarà «Wat a wanderful wuord» cantata da Armastrong, ma potrebbe ben essere «Un altro mondo è possibile» cantata da Amato.
Lui la mette sul sentimentale: «Care compagne e cari compagni». La platea esulta ed applaude: “Il compagno Romano è dei nostri”.
Dice ancora, per enfatizzare l’incipit: «Abbiamo fatto molta strada insieme in questo anno, vuol dire che abbiamo lavorato bene».
Non ce n’eravamo mai accorti che il tovarisc bolognese sbandasse tanto a sinistra, avevamo sempre creduto che da buon cattolico, da buon padre di famiglia, nutrisse per l’ideologia comunista quella diffidenza naturale che la cultura cattolica imprime nelle coscienze dei credenti. Effettivamente c’eravamo sbagliati. E il lungo cammino potrebbe darsi che parta anche dall’IRI quando l’amministrava (l’amministratore) con lungimiranza marxista.
E non manca nemmeno l’afflato di gratitudine che proclama generoso e intelligente per l’assemblea diessina dell’Ulivo: senza del quale la prospettiva di un governo unitario non si sarebbe mai realizzata.
Questa del governo “unitario” è una fissa dell’amministratore straordinario che dovrebbe assumere l’incarico nell’aprile prossimo; non gli va giù che l’Ingegnere lo abbia definito amministratore straordinario (da condominio?). Perché mai? Con quel faccione aperto e sorridente…, l’Ingegnere lo conobbe da amministratore dell’IRI, fu un ottimo amministratore dell’Istituto, gli affiderebbe l’amministrazione straordinaria dell’Italia: e lui, il prof. Prodi, si rizela.
(Egli promette: “Torneremo al maggioritario ma lo faremo dialogando con l’opposizione”. Di grazia, quale dialogo con l’opposizione? Quella che ha ripristinato il proporzionale? Cos’è, una minaccia o una promessa così così?).
Oggi come oggi non si potrà più dire a qualcuno: con quella faccia…!
Il chirurgo estetico interverrà subito e gliela cambierà. Ma non è detto che uguale intervento non subisca il nostro amministratore straordinario: cambiare faccia per fare lo statista.
Celestino Ferraro
I CENTO GIORNI PRIMA DI WATERLOO
La stagione dei desideri non si chiude mai, più andiamo innanzi nella corsa degli anni e più essi si affollano sull’uscio della speranza. In gioventù i desideri restano tranquilli, quelli insoddisfatti tacciono e non si crucciano più di tanto; con l’andar degli anni sono proprio quelli insoddisfatti ad urgere e si accalcano nell’ostinazione di comparire. Ma più l’età si fa tarda e più non riesce a trattenerli, ed è così che i desideri dei vecchi non sono illusioni ma visioni di cose mai accadute che si vorrebbero realizzare. E spesso si frastornano i desideri con la realtà.
Dovrebbe la fortunata saggezza dell’età saper discernere fra fantasia ed irreale?
No! le cose che nella nostra gioventù son rimaste desideri, sembra che nella vecchiaia ci aggrediscano e pretendano di realizzarsi. Ignorano i poveretti – i desideri – che la realtà è la loro morte e che solo da desideri resteranno vivi liberi di desiderare.
Il gattopardismo convenuto in Firenze, a celebrare gli arzigogolati esorcismi chiacchieratori, sacrifica milioni di parole sull’altare dell’ovvio: è il clou della democrazia. Chissà se a qualcuno dei gattopardi, che lì si sono celebrati al podio microfonico, sia venuto il desiderio di allungarsi un attimino più in là, in Santa Croce, là dove l’Aedo canta di Machiavelli:
«… Io quando il monumento // vidi ove posa il corpo di quel grande // Che temprando lo scettro a’ regnatori // Gli allor ne sfronda, ed alle genti svela // Di che lagrime grondi e di che sangue; // …Te beata, gridai, per le felici // Aure pregne di vita, e pe’ lavacri // Che da’ suoi gioghi a te versa Appennino!».
Non sarebbe solo l’insegnamento del “Principe” a far da guida agli indefessi chiacchierologi, la possibilità di un “vivere civile” indagando le illusioni, gli inganni e gli egoismi su cui gli uomini costruiscono i loro rapporti, né l’autonomia della politica resa indipendente dalla morale.
Sempre e solo i desideri fanno da sprone all’ambizione: vecchia che sia l’ambizione esercita continuamente il suo fascino allettante, specialmente se l’officiante dal microfono è un antico cultore di misteri isiaci.
Però non è che solo lo spiritista sia convinto della teofania, anche i convenuti si lasciano suggestionare dalla demagogica atmosfera che pervade la sala e i desideri a lungo repressi esplodono in gioiosa esaltazione: l’apoteosi. Così come scrive Scalfari nel domenicale che accompagna tutte le vicende epiche dell’Ulivo: “Un partito di democratici ma non di moderati”.
Sembra quasi che un nuovo Mosè capeggi il popolo dell’Ulivo per condurlo oltre il Mar Rosso, verso la terra promessa. Il programma riformatore illustrato da Bersani esce dal guscio comunista non più anchilosato e pronto ed agile a percorrere le vie del progresso. È un Decalogo che Bersani ha portato con sé e lo impone alla diaspora di sinistra perché l’Italia si liberi di Berlusca e della sua gente: fatica inana senza il Mosè disceso dal monte Sinai.
Il vitello d’oro costruito da Aronne-Bertinotti non impedirà al Mosè-Fassino di lacrimare di gioia quando il suo popolo si sarà liberato del Berlusca: idolo d’oro della demoplutocrazia.
Celestino Ferraro
IL SAPERE FRA ETICA E DOVERE
Ma di che potrebbe dolersi il prof. Prodi di questa “guerra” di religione che impazza fra le schiere della sua coalizione? Egli, agli spiriti eletti è aduso, dovrebbe avere le idee ben chiare anzi, darci addirittura qualche lume sulla sacralità di certi processi procreativi che gli uomini della sua coalizione riducono ad un semplice grumo di materia fortuitamente istallatosi nell’utero delle donne riluttanti. Così come dovrebbe rifiutarsi di legittimare certe unioni fra omosessuali incapricciatisi d’essere una famiglia. Non cederà alle insistenze di coloro che additano il Cardinale Ruini come un ficcanaso che mette lingua in faccende che non lo riguardano?
“Il problema è come Prodi riuscirà a farlo capire all’esterno”, conclude Massimo Franco raccontandoci la cronaca agitata nell’Unione, di questo 5 dicembre 2005.
Non si barcameni, Professore, se sa, se ha saputo dagli spiriti eletti che la vita è scintilla di Dio, ha il dovere d’illuminarci e non lasciare nell’ignoranza più riprovevole, peccaminosa, le folle che accorsero a votarlo alle sue PRIMARIE.
Andiamo, che importa Palazzo Chigi e la sua corte al confronto della nobiltà di un ideale? E non è un ideale degno quello di educare milioni di uomini ad onorare la vita?.
Dice Tiresia allo sventurato Edipo che l’interroga: “Tremenda pena il sapere se non giova a chi sa”.
Professore, sursum corda, ci dia testimonianza della sua Fede. Se perderà Palazzo Chigi non perderà la sua Fede: sempre che lei creda nel Dio dei Cristiani.
Ricordi il Manzoni: «Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia!».
Celestino Ferraro
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