Una linea di confine all’intolleranza
Non c’è alcun intento blasfemo nella decisione di pubblicare le vignette su Maometto ed i fondamentalisti arabi apparse su un giornale danese. Non c’è neppure alcun intento provocatorio nei confronti dei paesi arabi e dei fedeli della religione musulmana. “L’opinione delle libertà“ è un giornale liberale e laico ma non laicista. E come contesta ogni forma di fondamentalismo religioso in nome dei valori della libertà individuale e della tolleranza, così si oppone ad ogni manifestazione di fondamentalismo laicista capace di contrapporre solo intolleranza ideologica alla intolleranza religiosa. [leggi per intero]
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I FUNERALI DELLA LIBERTÀ
Però bisogna riconoscerlo, veramente longanime, il proprietario del quotidiano francese France Soir, l’egiziano francesizzato Raymond Lakah, l’ha spiegato con l’ampio sorriso del suo faccione: “Ho deciso di sollevare (licenziare) Jaques Lefranc dalla sua funzione (lavoro) di presidente e direttore della pubblicazione in segno forte di rispetto delle credenze e delle convinzioni intime di ciascun individuo”. Alla faccia!
È un motivo nobile quello che spinge Raymond Lakan a sbarazzarsi di un individuo che non aveva alcun rispetto delle convinzioni intime di ciascun individuo. Dommage che il vizietto dell’ex direttore sia stato scoperto solo quando, le minacce degli individui dileggiati dalle vignette sataniche, sì son fatte pretesto di sollevazione dei popoli musulmani indignati dalla “licenziosità” blasfema della stampa Occidentale.
François Marie Arouet, in arte Voltaire, ieri a Parigi ha subito una seconda carcerazione, non più a causa del cavaliere di Rohan offeso dai suoi sarcasmi, ma per merito di quella recaille musulmana sbizzarritasi sotto il manto di Allah contro la cultura, la libertà e la vita della nostra civiltà. Il timore di perdere qualche miliardo d’euro, tre o quattro non fa differenza, costringe gli uomini della politica e dell’imprenditoria occidentale a genuflettersi verso la Mecca supplicando Allah e il suo profeta Maometto.
A 60 anni dalla guerra contro la dittatura nazista, l’Occidente subisce un’altra dittatura, quella dell’Islam che intende piegare la nostra civiltà ai voleri del Corano.
Hitler e i suoi miserabili lacchè si liberarono del popolo ebraico perché quel Dio d’Israele rappresentava per lui il limite della sua paranoia di potenza, e questo messaggio è stato raccolto dall’Islam che perpetua la stessa tirannia contro tutti coloro cui il Dio d’Israele concede i suoi lumi.
Sarebbe, Parigi, la patria dell’Illuminismo: la cultura della civiltà e dell’emancipazione sotto la guida dei “lumi” della ragione. Voltaire, Diderot, d’Alembert, l’ENCICLOPEDIA, sono tutte pietre miliari della libertà e della civiltà dell’uomo moderno, i doveri che ciascuno ha verso se stesso e verso la libertà di ciascuno.
Ieri a Parigi si son ripetuti i funerali, poco solenni, dell’ILLUMINISMO. È stata gettata nella fossa comune la salma della libertà.
Celestino Ferraro
Come al solito non mi trovo d'accordo con lei.
La religione va rispettata da qualunque parte.
Certo che ci deve essere rispetto verso le religioni. Ma pensare di essere in diritto di controbattere alle offese attraverso incendi di sedi diplomatiche, bandiere nazionali o boicottaggi commerciali è, secondo il mio modesto parere, solo segno di alto fanatismo e basso livello culturale. Con tutto il rispetto.
Giuseppe Rodia
Perfetto!
Ha espresso in modo perfetto quanto sostengo da giorni, cioè che non possiamo indietreggiare di un millimetro, perchè presto diventerebbe un centimetro e poi un metro e poi non ci sarà più limite alle limitazioni alla nostra libertà, al nostro stile di vita, con tutti suoi difetti, ma che è e resta nostro. Perchè a noi piace così.
IL QUARANTATREESIMO PRESIDENTE DEGLI USA
È il tono messianico di uno dei corrispondenti da Washington che spesso stupisce. È la sua elucubrata analisi sui ripensamenti di Bush, sui fallimenti, sulle illusioni andate deluse nei cinque anni precedenti del suo travagliato Impero.
Questo Giorgio III, che ritorna sui passi di Giorgio I, è quanto di più opinabile un qualsiasi uomo della strada avrebbe potuto pensare e pensa, e dire, delle vicende imperiali di George Bush junior, 43esimo Presidente degli United States.
Si parte dall’inizio, cioè da quando per una manciata di voti, il democratico (si fa per dire), Al Gore, rimase appiedato nella sua accidentata passeggiata verso la stanza Ovale della White House. Quando si rese conto di aver perso la corsa sembrò quasi che il vincitore, George, fosse un usurpatore giunto al trono tramite congiure o intrighi o sortilegi degni dei Secoli bui.
E non è bastato l’attentato proditorio di Bin Laden, quell’11 settembre 2001 alle Twin Towers, a ricompattare gli animi degli sconfitti democratici; sempre con alterigia ed acrimonia hanno trattato George Walker Bush, come un minus habens appena degno della loro schizzinosa superiorità. Eppure, sotto la sua presidenza, l’America è cresciuta di circa il 20% del suo PIL: un’enormità.
E similmente si comportano quegli inviati della stampa europea, uomini della sinistra riformista (?), che si adeguano al disgusto dei democratici ancora increduli della seconda sconfitta, quella patita dal F. Kerry supponente, e si dilungano nell’arzigogolare di un George Walker Bush, mezzo intronato, come un pugile groggy sul quadrato.
Le vicende irachene non è che siano andate lisce come immaginate. Il sacrificio di uomini e mezzi da parte degli USA è enorme, la lotta al terrorismo islamico è risultato essere una guerra feroce che l’America combatte per la sopravvivenza di tutto l’Occidente.
Ma non pare che i responsabili del mondo libero si siano resi conto del baratro nel quale saremmo precipitati se la preveggenza del Presidente USA non avesse costretto il mostruoso Minotauro islamico a scalciare nella polvere intrisa del sangue di migliaia di vittime. Il nuovo stile di guerra, quello della ferocia islamica, che fa della vita dei propri soldati, gli shahid, l’arma segreta per distruggere la nostra civiltà, è stata una scoperta orripilante difronte alla quale nessuna difesa atomica perderebbe le sue ragioni.
Il terrorismo, da New York, è dilagato fra la gente di Madrid e di Londra, in Asia e in Africa e migliaia di innocenti sono stati massacrati dal fanatismo del Jihad islamico.
Sul mondo dell’incubo nucleare si affaccia l’Iran di Ahmadinejad. L’Iran è stato appena deferito al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per la sua protervia di dotarsi della bomba atomica con la quale cancellare dalla faccia della terra lo Stato d’Israele. Entusiasticamente sostenuto da Hamas, che ha vinto le elezioni democratiche in Palestina, feroce sostenitore dell’annientamento dello Stato Ebraico.
Le fiamme, in queste ore, divampano a Beirut e a Damasco, bagliori minacciosi che incombono sulla nostra civiltà.
Evidentemente non è la democrazia l’elemento fondante dello Stato di diritto, la linfa che alimenta le libertà civili. È la cultura, la coscienza degli individui che rende la democrazia degna d’essere quella forma di governo dove il diritto assume le virtù della libertà.
Celestino Ferraro
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