Tuesday, June 20, 2006

A rischio la tenuta della democrazia

Premetto che non credo ai complotti. E che mi convince molto di più la tesi secondo cui la maggior parte degli avvenimenti apparentemente intrecciati sono del tutto casuali. Per cui escludo che l’esplosione dello scandalo dell’arresto di Vittorio Emanuale e e degli arresti domiciliari per il portavoce di Gianfranco Fini, Salvatore Sottile, siano la conseguenza di chissà quale manovra ordita da cervelli raffinatissimi. E sono convinto che l’intera vicenda sia come sempre il frutto del combinato disposto del protagonismo giudiziario con lo scandalismo mediatico. [leggi per intero]

1 Comments:

Anonymous Anonymous said...

LA CARTA SI CAMBIA A COLPI DI MINORANZA

Il paradosso di questa Democrazia, che da trent’anni s’è incartata nel tentativo inane di riformarsi, sta proprio nell’assurda pretesa dei costituzionalisti ad oltranza di non poterla ritoccare se non con il consenso unanime dei “ritoccatori”. Con una metafora zoologica diremmo che il bruco non s’è mai fatto farfalla. Insomma, filosoficamente parlando, un paradosso: tertium datur ad uso riformista. Con quali mezzi poi sarebbe possibile il ritocco, è cosa tutta da scoprire: con l’aiuto del Cielo forse, che non di rado s’intriga delle cose terrene.

Senza perdermi per i meandri dell’assurdo arrivo al dunque: votare “Sì!” al referendum di domenica prossima.
Perché io sono uno del centrodestra e fautore quindi del ben fatto da parte di Berlusconi? Niente affatto! So bene che il meglio è nemico del bene, ma so altrettanto bene che anche al peggio non c’è mai fine.

Allora? per il momento mi prendo questa riforma voluta soltanto dalla maggioranza (fatto squisitamente democratico), quando i tempi saranno più benevoli, più duttili e malleabili, ci si potrà anche democraticamente incontrare per dare i ritocchi necessari a quelle imperfezioni che danneggiano l’insieme.
Mi pare ovvio rilevare che la “pretesa” è tale solo per i caparbi che strillazzano del vulnus patito dalla Carta del 48; perché se unanimità di consensi dev’esserci, pena l’invalidamento che la minoranza minaccia ostentatamente, è normale chiedersi: ma di quale democrazia si sta trattando?

La democrazia è appunto quella forma di governo in cui la sovranità risiede nel popolo che la esercita per mezzo delle persone e degli organi che elegge a rappresentarlo, ma li elegge con un meccanismo elettorale dove i “No” ed i “Sì” si confrontano in più e in meno e quindi con i più votati eletti ad essere rappresentanti. Non è certo l’unanimità che elegge un’Assemblea parlamentare.
Pretendere quindi che certe riforme siano accettabili (da chi?) soltanto se espresse di comune accordo, è come un pretendere la luna nel pozzo, ma non come desiderio utopico, sebbene come ostruzionismo di coloro che, da certe riforme, temono la perdita di quel potere che per anni hanno esercitato malauguratamente.
La pretesa è fomentata appunto dalle oligarchie partitiche che si vedrebbero sottrarre il proprio tornaconto da una riforma costituzionale che perdesse di vista gli interessi garantiti a tutt’oggi da quelle norme. Norme che, a leggere gli atti della Costituente, furono approvate faticosamente e spesso a maggioranza dei votanti.

Adesso un “cupio dissolvi” anima l’attività dei “vincitori” che hanno conquistato il potere, e tutte le leggi del governo di centrodestra subiscono la pena del taglione come estremo sberleffo che il Prodi-Brenno impone alla minoranza soccombente: “Vae victis!”, insegna la storia.

Ed è così che la demolizione è in corso d’opera e la Legislazione berlusconiana subisce l’onta del ripudio totale. È necessario dover ricordare la forza della “Necessitas”: “Necessitas dat legem, non ipsa accipit”: intelligenti pauca.

2:47 AM  

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