Tuesday, November 28, 2006

Guzzanti, Prodi e Marini

Ora di Paolo Guzzanti si può dire tutto ciò che si vuole. Che sapeva imitare alla perfezione Sandro Pertini. Che è stato colpito negli affetti più cari per via dei primi figli tanto famosi quanto “zecche”inguaribili. Che da quando scrive su “ Il Giornale” ha perso la capacità di sintesi che lo aveva distinto a "La Stampa" e lo spirito caustico e scanzonato che lo aveva reso noto a “La Repubblica”. E tende a scriversi addosso con fluviale incontinenza. Si può anche aggiungere che a distanza di tanti anni continua a manifestare i vizi degli uomini di sinistra passati a destra (l’arroganza intellettuale ed il senso di superiorità antropologica nei confronti sia degli abbandonati, sia dei sedotti). [leggi per intero]

5 Comments:

Anonymous Anonymous said...

Purtroppo l'iniziativa di Amato lascia presagire il peggio, e Guzzanti da vittima possibile diventa oggetto dell'accusa, non contenti d'aver in qualche modo affossato la commissione presieduta dal senatore di FI, adesso, temo, tentino di screditarne completamente il suo lavoro per gettare il bambino con l'acqua calda e far passare tutto in cavalleria. Chi tocca Mitrokhin muore, e purtroppo sembra non sia solo il rischio di una morte politica...

5:43 AM  
Anonymous Anonymous said...

In effetti l'indifferenza che ha caratterizzato i lavori e le conclusioni della Mitrokhin è molto strana. Anomala. Bipartisan.
Anche a destra infatti le “clamorose” accuse contro Prodi che Guzzanti lanciò alla vigilia delle ultime elezioni non vennero di fatto minimamente utilizzate nella pur truculenta campagna elettorale, dove, si sa, non si sta troppo a guardare per il sottile. Perché?
Noi abbiamo provato a chiederlo più volte a Guzzanti. Non abbiamo ricevuto risposte esaurienti.
In effetti vista, da un lato la gravità delle accuse e dall’altro la scarsa attenzione e risonanza, i casi sono due o si tratta di una gigantesca Bufala (e allora Guzzanti è un pazzo come dice Lei) o siamo di fronte al complotto più vasto e ramificato che nemmeno il romanziere più audace e creativo sia mai riuscito ad immaginare.
Oscilliamo insomma tra il cabaret puro e la tragedia.
Va però anche detto che i documenti, gli indizi accusatori che Guzzanti ha fino ad ora riportato negli articoli sui giornali, ma anche nella Relazione Finale di Maggioranza della Commissione, a noi sono sempre parsi deboli, troppo esili. Più che prove o pistole fumanti, ci sono sempre sembrati fantasiose ipotesi, talvolta anche piuttosto ardite, ma supportate da ben pochi dati e fatti concreti e verificabili.
Se a questo si aggiunge la presenza intorno alla Commissione di “consulenti” o di “fonti” dai curricula improbabili o impresentabili il gioco è fatto. A sinistra (oggettivo “target” dei lavori della Mitrokhin) è un gioco da ragazzi sminuire e ironizzare. A destra è prudente ignorare.
Anche il recente caso Litvinenko ad esempio si presta per ora a una doppia lettura.
Guzzanti nell’aprile 2006 usa le dichiarazioni fatte dall’ex spia alla Commissione per portare addirittura al Parlamento Europeo la richiesta di indagine nei confronti di Prodi (uomo del KGB in Italia).
Carlo Bonini di Repubblica pochi giorni fa da alle stampe una intervista a Litvinenko (eseguita nel marzo 2005) in cui lo stesso dice di aver ricevuto durante le audizioni pressioni da Scaramella il quale cercava di indirizzare la sua deposizione in determinati modi. Ancora più incredibilmente Litvinenko aggiunge che le sue testimonianze venivano trascritte in italiano e lui firmava documenti che di fatto non capiva (!?)…
Per interpretare correttamente questo episodio a mio avviso vanno chiesti ai protagonisti alcuni dettagli fondamentali.
A Guzzanti (e Scaramella) va chiesto ad esempio come sono state effettuate le audizioni. Se non esistono interviste “on the record” e quali documenti ha effettivamente firmato Litvinenko. L’abbiamo fatto e attendiamo risposta…
A Bonini va chiesto come può documentare la sua intervista e il perché essa venga alla luce solo ora. L’abbiamo fatto e questa è stata la sua risposta:

Signor Paradisi, …L'intervista non venne incisa su nastro ma da me "stenografata" e quindi trascritta integralmente il giorno stesso sul mio computer portatile.
Per curioso che le possa sembrare, la ragione per cui la conversazione con Litvinenko non venne resa immediatamente pubblica è in una circostanza propria dei tempi imposti a un quotidiano. La sera del 4 marzo 2005, giorno del mio rientro da Londra a Roma, venne ucciso a Bagdad Nicola Calipari. La vicenda, in quelle settimane e nei mesi successivi, assorbì per intero il mio lavoro e l'attenzione del giornale. Quando la "pressione" del caso Calipari si allentò, i retroscena della commissione Mitrokhin apparvero non più di immediata attualità. Anche perché la commissione si stava spegnendo nel più assoluto disinteresse e vuoto politico da parte della stessa maggioranza politica che l'aveva espressa (nonostante, come lei ricorda, la vicenda Batten alla vigilia delle elezioni).
Evidentemente, la morte di Litvinenko e le dichiarazioni di Guzzanti e Scaramella sui possibili mandanti dell'omicidio hanno cambiato nuovamente l'agenda giornalistica.
Grazie per il suo interesse, Carlo Bonini

Grazie
Gabriele Paradisi

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12:46 AM  
Anonymous Anonymous said...

E se la morte di Litvinenko fosse un avvertimento ?
Per mettere a nudo certe cose occorre gente con la schiena diritta, che tenga fede al mandato dei propri elettori e si ponga come scopo principale l'interesse del proprio paese e non il raggiungimento del vitalizio.
Che miseria!
Se ci imponiamo dei limiti di (politica)correttezza possiamo dire che fanno pena, ma se diamo libero sfogo a ciò che pensiamo veramente siamo costretti a dire che fanno schifo.

2:16 AM  
Blogger enrix1 said...

4 Aprile 2007
LETTERA DELLA RAGAZZA DI MARIO SCARAMELLA A PAOLO GUZZANTI
“Oggi sono andata a trovarlo e ho abbracciato un uomo che di Mario non aveva più niente. Nessuna vita, nessun entusiasmo, nessun carattere. Mi ha detto: “Torno presto, basta che io gli dica (ai magistrati, ndr) quello che vogliono che io dica e posso tornare”. Non mi ha dato il tempo di rispondergli che no, non deve accollarsi colpe non sue, che lui ha dalla sua la forza della ragione e della verità… Mi ha interrotta con uno sguardo che era una smorfia di rassegnazione che non dimenticherò mai; mi ha detto che se continua a credere a queste favole lo tengono dentro per due anni e lui non ce la fa! Purtroppo è vero. Mi sono resa conto oggi che lui non ce la farà. La ragione e la verità non gli danno alcuna forza. Sono anzi la sua debolezza.”

E poi: “Hanno ucciso Mario. Il mio Mario non c’è più. Sono riusciti a spegnere quel fuoco che bruciava dentro lui. La sua lucidità, la sua intelligenza, la capacità di analisi, la genialità che lo distinguevano non ci sono più. Oggi ho visto un omino piccolo, fragile, debole, impaurito, sconfitto… Te lo scrivo piangendo dal dolore e dalla rabbia: avrei preferito che fosse morto piuttosto che vederlo annientato in questo modo. Non deve piegarsi. Piuttosto si spezzi ma non deve mollare! Come fare? Anche se oggi so che l’uomo che amavo non c’è più, in onore di ciò che era voglio fare qualsiasi cosa per salvare quello che di lui rimane. Questa lettera è un delirio. Scusami. Giorgia.”

E’ un pezzo difficilissimo quello che sto scrivendo sia perché mi investe come cittadino, come rappresentante dei cittadini e come essere umano; sia perché per scriverlo devo usare senza esserne autorizzato una lettera privata che mi è stata inviata in via confidenziale: una e-mail di Giorgia D., che ho conosciuto come la ragazza di Mario Scaramella, che adesso vive all’estero ma che ieri l’altro è venuta in Italia. E’ riuscita a vedere l’uomo che ha amato come un detenuto e un rottame umano all’ospedale Santo Spirito dove era stato portato d’urgenza dal vicino carcere di “Regina Coeli” in cui si trova in isolamento dalla notte di Natale del 2006, dopo oltre 100 giorni di carcere senza processo e senza condanna.

Sono stato combattuto a lungo fra il rispetto per un documento privato e l’interesse pubblico. E ho deciso, in tutta coscienza, di rendere pubblico ciò che questa donna disperata e sbalordita mi ha scritto. Spero che capirà e che mi perdonerà, ma le sue parole sono autentici macigni che infrangono il vetro del non detto, dell’ignoto su quella procedura medioevale italiana per cui un accusato (calunnia nei confronti di un ex capitano del Kgb, per di più clandestino in Italia, e poi di una ipotesi di traffico di armi) viene scaraventato in galera e tenuto lì a marcire finché, per usare le parole dello stesso detenuto Scaramella, “non dica esattamente quello che vogliono che io dica: solo allora potrò tornare a casa”.

Ecco come Giorgia D. inizia la sua drammatica lettera: “Ieri (martedì 3 aprile, ndr) aspettavo la telefonata settimanale di Mario a casa dei figli per fargli una sorpresa, dato che non sapeva che sarei tornata in italia per Pasqua. Ma la sorpresa l’ha fatta lui a me. La telefonata era in ritardo di due ore rispetto all’orario concordato con il carcere ma nessuno si è preoccupato di avvertire il padre di Mario che qualcosa era successo. Così il padre di Mario ha chiamato Regina Coeli ad ha appreso che nel pomeriggio era stato ricoverato in ospedale per un non meglio specificato “attacco di cuore”.”

Io posso aggiungere che dal padre di Mario, terrorizzato all’idea che i magistrati possano accusarlo di voler “speculare” sul dramma del figlio ricoverato, avevo saputo che il malore era ormai uno dei tanti che si erano succeduti con tachicardie, collassi, pressione alta, perdita di conoscenza, ingrossamento della tiroide e della prostata e perdita di capelli. Qualcuno ha ricordato la sua esposizione al Polonio 210 quando si trovò nel famoso Sushi Bar di Piccadilly Circus dove incontrò Alexander Litvinenko già avvelenato. Come mi disse Oleg Gordievsky in casa sua il 7 gennaio scorso: “Mario e Alexander si abbracciarono e baciarono due volte sulle guance “alla maniera italiana”, Questo spiega l’immediata e forte contaminazione da Polonio per Scaramella, simile a quella della moglie di Alexander, Marina, che però poi sono gradualmente scomparse.” Ma ieri i sanitari dell’ospedale “Sandro Pertini”, dove nel frattempo Scaramella era stato trasferito, hanno escluso analisi sugli effetti di una contaminazione.

Così finisce la lettera e ogni commento è superfluo. Anzi, ogni commento sarebbe necessario e anzi indispensabile. Come appare indispensabile rendere chiaro e noto che questo capitano Alexander Talik, il calunniato, è uno che ha lavorato nell’ex Unione Sovietica alle dipendenze di quello che una volta si chiamava IX Direttorato del Kgb e che adesso ha assunto la denominazione PSB, cioè servizio per la sicurezza presidenziale. Il fatto è che in quel servizio hanno lavorato, insieme a lui, anche due noti gentiluomini: Andrei Lugovoy e Dimitri Kovtun, entrambi indagati in Gran Bretagna come gli assassini materiali di Litvinenko. Inoltre sappiamo che lo stesso Talik, furioso per aver letto un anno fa una intervista alla Novosti di Litvinenko in cui veniva descritto come un terrorista e un trafficante di armi, disse per telefono alla convivente: “Questo stronzo dobbiamo metterlo a tacere. Voglio sapere dove abita esattamente e tutto il rtesto: ho parecchi amici generali a Mosca ed ho mandato qualcuno per dir loro quello che penso”. Secondo Scotland Yard il delitto Litvinenko cominciò ad essere studiato ed attuato, con lente manovre di avvicinamento, poco più d’un anno fa, a febbraio, e portato a compimento quel primo di novembre in cui era stato accertato che Mario Scaramella avrebbe incontrato la vittima predestinata, così da essere colto con le mani nel sacco come possibile avvelenatore, scaraventato sulle prima pagine e sulle news di tutto il mondo e distrutto.

L’operazione iniziata il 1 novembre si concluse tre settimane dopo con la morte di Litvinenko e l’inizio della esposizione al ludibrio di Scaramella. Poi seguirono a ruota, in una successione precisa da vera macchina da guerra, le interviste riconosciute poi dagli intervistati Limarev, Gordievsky e Bukovsky come false o manipolate di Repubblica, e lo scatenamento della caccia all’uomo, in questo caso contro il presidente della Mitrokhin, le cui intercettazioni sono state distribuite illegalmente a selezionati giornalisti. L’ultimo atto fu l’arresto di Scaramella sotto l’aereo che lo riportava da Londra la notte di Natale e l’ultimissimo è quello che Giorgia D. descrive in modo così disperato: quell’uomo non è più lo stesso, dice di essere pronto a sottoscrivere qualsiasi documento, qualsiasi accusa contro se stesso o contro altri, pur di poter recuperare la sua libertà e la sua vita.

Il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi ha rilasciato una dura dichiarazione a questo proposito, il senatore Lucio Malan è intervenuto in Senato più volte chiedendo, come abbiamo fatto anche noi, al governo di uscire allo scoperto, specialmente al ministro di grazia e giustizia che dichiarò “Guzzanti è indifendibile”, di dire che cosa esattamente sta succedendo a questa vicenda che comincia ad emanare un pessimo odore. Io non so se Scaramella sia o no responsabile delle accuse che gli sono state rivolte. Vedremo il processo, vedremo le prove, vedremo le carte e i testimoni. Se è colpevole pagherà. Ma finora il cittadino Scaramella Mario, incensurato, ex collaboratore del Parlamento della Repubblica italiana, è vittima di un sistema e di una pratica giudiziaria di cui ci vergogniamo e che ci è persino impossibile spiegare ai colleghi giornalisti stranieri che si informano su questo caso, sepolto in Italia dalle manovre delle più oscure (ma poi non tanto) retrovie della politica.
P.GUZZANTI
http://www.paologuzzanti.it/archives/410

11:04 PM  
Anonymous Anonymous said...

scaramella é proprio un coillaboratore ! ma non di giustizia !

3:17 PM  

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